MICROBIOTA, DISBIOSI E AGOPUNTURA (PARTE SECONDA)

scritto da Giuseppe Fatiga

 

MICROBIOTA, EUBIOSI E DISBIOSI 

 

 

Il microbiota è un vero e proprio ecosistema, composto da almeno 500 differenti specie di batteri che sono ospitate nel nostro intestino. Come abbiamo visto nella prima parte dell’articolo da poco pubblicato, non si tratta di ospiti “passivi”, bensì di preziosi alleati che promuovono il nostro benessere globale, esercitando effetti – specialmente sul sistema immunitario –che si riverberano su tutti i nostri organi. Affinché ciò avvenga, le popolazioni batteriche dell’intestino devono essere in equilibrio, in uno stato che è stato definito eubiosi. Infatti non tutte le specie sono benefiche e “buone”, in quanto ne esistono anche di “cattive”. Ma cosa s’intende con tali aggettivi? Sono “buoni” quei batteri che svolgono funzioni positive per il nostro organismo, come vedremo a breve, e che sono oggetto di “tolleranza” da parte del sistema immunitario, in modo che possano coesistere con noi senza essere “attaccati”, evitando così un’inutile reazione infiammatoria. Sono “cattivi” quei batteri che non solo non ci aiutano a stare bene, ma che consumano sostanze preziose (vitamine, oligoelementi etc…), o che vengono riconosciuti come estranei dal sistema immunitario, con una conseguente reazione infiammatoria che, nel tempo, apre la porta a malattie degenerative, auto-immunitarie e anche tumorali. Sono “cattivi” anche quei batteri che attivano fenomeni di fermentazione e putrefazione intestinale, generando sostanze velenose come l’alcol etilico (fermentazione) o come le poliammine (putrefazione). Tuttavia il concetto di “cattività” non è assoluto, poiché alcuni di questi batteri svolgono alcune funzioni protettive, per esempio “addestrando” il sistema immunitario a rispondere a future infezioni batteriche, o anche inducendo il rilascio di sostanze che rinforzano la “barriera” intestinale. Ciò che fa la differenza sono sostanzialmentevdue fattori: 1) questi batteri “cattivi” non devono trovarsi in proporzioni e concentrazioni eccessive 2) devono essere adeguatamente  bilanciati dai batteri “buoni”. La disbiosi rappresenta quindi la condizione di rottura dell’equilibrio tra batteri buoni e cattivi, tale per cui questi ultimi finiscono per prevalere sui primi. In altri termini, nella disbiosi ci troviamo di fronte a una flora batterica intestinale patogena, che esercita effetti negativi sulla nostra salute, in contrapposizione all’eubiosi, in cui la flora batterica intestinale promuove il nostro benessere. Occorre a questo punto una doverosa precisazione. Se è vero che per semplicità si parla di flora batterica, in realtà l’ecosistema microbico intestinale si compone anche di virus, funghi e parassiti, che si trovano tutti in uno stato di equilibrio, esattamente come i batteri: al pari di questi possono promuovere o viceversa inficiare il nostro benessere.

LE FUNZIONI DELLA FLORA BATTERICA INTESTINALE

In condizioni di eubiosi, la flora batterica intestinale assolve innumerevoli compiti nell’ottica di promuovere il nostro benessere. Abbiamo visto, nella prima parte dell’articolo, il suo ruolo nella tolleranza immunologica e nella regolazione del sistema immunitario, nonché la capacità di mantenere la bilancia delle citochine in equilibrio, favorendo la produzione di quelle anti-infiammatorie e frenando quelle pro-infiammatorie. La flora funge da “scudo protettivo” nei confronti dei micro-organismi patogeni estranei al nostro organismo, stimolando tra l’altro la produzione di muco, che ostacola la loro adesione alla mucosa intestinale. In aggiunta induce la produzione delle IgA secretorie, che bloccano i germi patogeni, agglutinandoli e trascinandoli nelle feci, Essa è pure capace di favorire la rigenerazione delle cellule epiteliali dopo un danno. La flora contribuisce inoltre alla digestione di alcuni alimenti, soprattutto quelli molto ricchi in fibre, producendo tra l’altro gli acidi grassi a corta catena (il più noto dei quali è l’acido butirrico), che secondo gli studi più recenti sono utilizzati dalle cellule epiteliali intestinali come fonte energetica imprescindibile. Gli acidi grassi a corta catena vengono assorbiti e trasportati a tutto l’organismo, dove sembra che svolgano funzioni protettive nei confronti di svariate patologie, in particolare quelle cardiovascolari. I batteri commensali intervengono poi nella sintesi delle vitamine, soprattutto la B2,B3, B6, B12 e K, e nel metabolizzare farmaci e ormoni. A questo proposito, secondo gli ultimi  studi, nei soggetti con eubiosi intestinale la risposta alle terapie, specialmente quelle oncologiche, è nettamente migliore rispetto ai soggetti che soffrono di disbiosi. Infine, quando vi è eubiosi, l’intestino riesce a produrre adeguate quantità del neurotrasmettitore serotonina, mettendole a disposizione del cervello, favorendo così l’equilibrio psicologico. Una sana alimentazione, una regolare attività fisica e un ottimale funzionamento psico-emotivo concorrono a creare uno stato di eubiosi, per conservare il quale è anche essenziale limitare l’uso inappropriato di antibiotici, come vedremo a breve.

COSA ACCADE INVECE NELLA DISBIOSI

Nella disbiosi prevalgono i batteri “cattivi”, che compromettono moltissime funzioni del nostro organismo. Come detto, si rompe la tolleranza immunologica, in maniera tale che il sistema immunitario si attiva in modo abnorme, come se si trovasse di fronte a batteri estranei e non commensali. Questa attivazione porta alla produzione di citochine e altre sostanze con azione pro-infiammatoria, da cui deriva innanzitutto un’infiammazione locale dell’intestino. In tale circostanza la mucosa non riesce più ad assorbire in modo ottimale i nutrienti, con sintomi carenziali legati alla mancanza di ferro e vitamine di vario tipo. Questa infiammazione lede poi la “barriera” intestinale, con allentamento delle giunzioni strette poste tra le cellule, portando alla sindrome da permeabilità intestinale: svariate macromolecole sono in grado di attraversarla e di essere riconosciute come estranee dal sistema immunitario, incrementando l’infiammazione secondo un circolo vizioso, e favorendo anche reazioni di auto-immunità. Le cellule immunitarie producono infatti anticorpi contro queste sostanze, che per errore possono dirigersi contro le cellule “self” del nostro stesso organismo: molti studi suggeriscono che patologia come la tiroidite di Hashimoto possano essere favorite da reazioni di questo tipo. Anche le intolleranze alimentari, cioè il fatto di essere disturbati da specifici alimenti, sono spesso la conseguenza della presenza di ceppi patogeni che attivano in modo inappropriato il sistema immunitario, rendendoci “sensibili” a certi alimenti. È sopratutto l’assunzione esagerata e ripetuta di alcuni di questi, in violazione della regola dell’alternanza, la causa della disbiosi e della conseguente intolleranza ad essi. In condizioni di disbiosi, s’instaurano più facilmente malattie funzionali come il Colon Irritabile (IBS), oppure malattie infiammatorie intestinali quali il Morbo di Crohn e la Rettocolite Ulcero Emorragica(RCUE). Come se non bastasse, nelle disbiosi spesso si verifica una crescita spropositata dei ceppi che scindono le sostanze di origine alimentare attraverso processi di fermentazione e putrefazione: si tratta di fenomeni che portano alla formazione di sostanze tossiche e persino cancerogene per l’organismo, come l’alcol etilico per effetto della decomposizione dei carboidrati nell’intestino tenue, e le poliammine (putrescina e cadaverina) per effetto della digestione delle proteine nel colon. In corso di disbiosi, può persino accadere che nel sangue si ritrovi una concentrazione di etanolo ai limiti superiori di norma, come se l’individuo avesse bevuto, pur essendo invece completamente astemio! Per effetto di svariate sostanze di natura fermentativa e putrefattiva, nella disbiosi è comune la comparsa di sintomi quali il gonfiore addominale (meteorismo), la flatulenza e i crampi addominali, ma anche la nausea e l’inappetenza. Pure le alterazioni dell’alvo quali la stipsi e la diarrea sono molto frequenti: in conseguenza dell’infiammazione intestinale, si verifica infatti un’alterazione di tutti quei segnali biochimici, basati sugli ormoni e sulla serotonina, che regolano i movimenti intestinali, cioè la peristalsi. Questi stessi segnali modulano anche la secrezione degli acidi gastrici e degli enzimi intestinali, per cui nelle disbiosi possono comparire acidità e bruciori dello stomaco, dispepsia e difficoltà digestive. Molti di questi sintomi intestinali, come detto, possono essere scatenati da alcuni alimenti verso cui si è diventati intolleranti. Ma gli effetti della disbiosi vanno ben oltre quelli intestinali, poiché l’infiammazione cronica che ne deriva  – infiammazione cronica di basso grado o inflammaging – si trasmette a tutto l’organismo, favorendo malattie auto-immunitarie, degenerative e tumorali. Di particolare rilevanza sono gli effetti sul sistema nervoso, sia dal punto di vista neurologico (possibile insorgenza di malattie come il Parkinson e l’Alzheimer) sia da quello psico-emotivo (ansia, depressione, turbe della memoria, insonnia). In particolare, i batteri patogeni possono portare ad una carenza di serotonina attraverso due principali meccanismi: consumando nel lume intestinale la principale fonte di questo neurotrasmettitore (L-triptofano) e attivando l’enzima intestinale che degrada la serotonina. Poiché l’intestino produce il 95% della serotonina, mettendola a disposizione del cervello, nelle disbiosi può accadere che ad un certo punto questa sostanza si trovi in una concentrazione troppo bassa nel sistema nervoso, da cui depressione e ansia (la serotonina è definita la sostanza del buon umore)

LA SIBO

Con l’acronimo SIBO si indica una condizione di Sovracrescita Batterica Intestinale (dall’inglese “small intestinal bacterial overgrowth”). Tutto l’apparato gastro-intestinale, dallo stomaco all’ano, ospita diverse specie batteriche, in numero progressivamente crescente in senso prossimo-distale: per effetto dell’acidità gastrica nello stomaco si rileva un numero di batteri tendente allo zero, numero che cresce un pochino nell’intestino tenue, fino a diventare massimo nel colon. Il fatto che solitamente nell’intestino tenue vi sia un ridotto numero di ceppi deriva in parte dall’acidità gastrica, che uccide i batteri introdotti per via orale prima che possano raggiungerlo, e in parte dall’esistenza della valvola ileocecale, che impedisce ai batteri del colon di risalire fino al tenue. Quando l’acidità dello stomaco si riduce, ad esempio in corso di terapia con gli Inibitori della pompa protonica (PPI) ecco che alcuni batteri possono colonizzare più facilmente l’intestino tenue, portando alla SIBO. Lo stesso può accadere se la valvola ileocecale non funziona bene, come conseguenza di interventi chirurgici, oppure per effetto della stipsi, che favorisce una proliferazione incontrollata di batteri nel colon, che poi risalgono fino al tenue. Anche alcune intolleranze alimentari, come quella al lattosio o al glutine, possono generare la SIBO: infatti le sostanze che non riescono ad essere metabolizzate adeguatamente diventano un cibo per i batteri cattivi, che proliferano a dismisura. La SIBO è una condizione potenzialmente grave, in quanto interferisce con i processi di assorbimento che avvengono nell’intestino tenue: possibili conseguenze sono per esempio le anemie, sia quella sideropenica dovuta alla mancanza di ferro, sia quella legata alla carenza di vitamina b12. Essa può anche indurre pericolosi fenomeni di fermentazione. In conclusione, la SIBO è  un particolare tipo di disbiosi molto subdola, che per fortuna può essere diagnostica attraverso con il test del respiro (breath test) al glucosio o al lattulosio.

LE CAUSE DELLA DISBIOSI

L’alimentazione

Dobbiamo pensare alla nostra dieta come ad un insieme di sostanze ciascuna delle quali funge da nutrimento per un ben preciso ceppo batterico, stimolandolo a proliferare. Vista da un altro punto di vista, la dieta opera una “selezione” dei ceppi batterici, in modo tale che il nostro microbiota finisce per rispecchiare ciò che mangiamo. Ci sono cibi che fungono da stimolo per lo sviluppo dei batteri ”buoni”, come i cereali integrali, quelli ad alto contenuto di fibre (frutta secca, semi oleosi, verdure), il pesce ricco di omega 3 etc…e cibi che invece causano la proliferazione di batteri “cattivi”, quali gli zuccheri e le farine raffinate (“cibi spazzatura”), gli alcolici e i superalcolici, i formaggi e gli insaccati particolarmente lavorati – soprattutto quelli ricchi di acidi grassi –  così come gli oli animali e vegetali raffinati (anch’essi ad alto tenore di acidi grassi saturi). Alcuni di questi alimenti, soprattutto se assunti in quantità eccessiva, vengono eleborati dai batteri “cattivi” producendo fermentazioni e putrefazione intestinali. Anche cibi apparentemente sani, come la frutta fresca, per quanto ricchi di vitamine, oligoelementi e fibre, possono favorire la crescita di ceppi fermentanti se assunti in dosi inopportune. Allo stesso modo, un eccesso di proteine animali può indurre nel colon lo sviluppo di ceppi batterici che causano pericolosi fenomeni di putrefazione. Persino il latte può essere alla base della disbiosi nei soggetti intolleranti, che soffrono di un deficit specifico della lattasi intestinale, e lo stesso capita in chi sviluppa un’intolleranza al glutine.

Il nesso tra le intolleranze alimentari e la disbiosi

A questo punto risulta molto chiaro al lettore che alla base  delle intolleranze alimentari vi è la seguente catena causale: assunzione inappropriata di alcuni cibi –> disbiosi –> intolleranza ai cibi stessi. È un circolo vizioso in piena regola che si auto- alimenta: infatti assumendo questi cibi tutti i giorni o quasi, nutriamo i batteri “cattivi”, che scatenano a loro volta reazioni immunitarie esagerate in senso infiammatorio (essendo tali batteri riconosciuti come estranei). In definitiva, più continuiamo ad assumere determinate sostanze alimentari, più stiamo male, in quanto nutriamo la disbiosi, la quale alimenta l’infiammazione. Le intolleranze sono quindi dose-dipendenti, poiché maggiore è il quantitativo del cibo verso cui siamo intolleranti, più intensa è la reazione immunitaria e infiammatoria nei confronti di esso. C’è però anche un secondo meccanismo di intolleranza, che può essere dose-indipendente, nel senso che viene innescato anche da una piccola quantità di uno specifico alimento e/ o da un suo consumo saltuario. Qui entra in gioco la permeabilità intestinale, che fa penetrare nella mucosa macromolecole – principalmente proteine – che vengono immediatamente riconosciute come “estranee” dal sistema immunitario. Il nesso è il seguente: disbiosi –> incremento della permeabilità intestinale –> passaggio di proteine –> reazione immunitaria a certi alimenti (anche in piccole quantità). Occorre infine sottolineare che nelle intolleranze questi due meccanismi sono spesso co-presenti.

L’uso inappropriato di antibiotici, additivi e pesticidi

E’ indubbio che oggi vi sia un ricorso ingiustificato agli antibiotici nelle condizioni dove essi non sarebbero necessari: si tratta di pericolose “auto-prescrizioni” che per lo più saltano la visita e la valutazione di un medico. Se ripetute nel tempo, queste terapie alterano profondamente l’equilibrio del microbiota. Infatti i batteri “buoni” e quelli “cattivi” possono rispondere in modo molto differente agli antibiotici: per esempio, quelli “cattivi” sono più inclini a instaurare meccanismi di resistenza agli antibiotici, a differenza di quelli buoni, finendo per prevalere su questi ultimi. Dopo una singola terapia antibiotica, possono occorrere diversi mesi affinché la condizione di eubiosi possa essere recuperata, figuriamoci se la terapia si protrae o se più cicli di antibiotico-terapia si succedono nel tempo! Pure i pesticidi e gli additivi alimentari sono capaci di alterare l’ecosistema intestinale: la lista è così lunga da non poter certo essere esaminata in questa sede.

Il fumo di sigaretta

Secondo recenti studi il fumo di sigaretta è una causa rilevante di disbiosi, per quanto i meccanismi di questa associazione non siano ad oggi del tutto noti.

Stress, ansia e depressione

Recenti studi indicano che le condizioni di disbiosi sono particolarmente frequenti nei soggetti affetti da vari tipi di disagio psichico, come l’ansia e la depressione. Per lo più si tratta del “cane che si morde la coda”, nel senso che queste condizioni da un lato possono favorire la disbiosi, attraverso meccanismi che tra poco descriveremo, ma allo stesso tempo possono essere aggravate dalla disbiosi. Lo stress, per esempio, è stato molto studiato, ed incide sulla flora batterica intestinale in più modi. Uno di questi è certamente il cortisolo, che è capace di inibire la risposta immunitaria nei confronti dei ceppi “cattivi”, portandoli a proliferare oltre misura. Occorre poi considerare che i batteri cooperano alla digestione, cibandosi soprattutto delle fibre insolubili o altre sostanze alimentari (pectine, cellulosa etc…) che resistono all’acidità e all’azione degli enzimi gastro-intestinali. Quando la digestione non si svolge correttamente, i cibi non possono essere scissi completamente e fungono da “substrato” per i batteri intestinali, soprattutto per quelli “cattivi” che proliferano a dismisura. Sono tantissime le possibili cause di un’incompleta digestione: una masticazione frettolosa, una ridotta produzione di acidi ed enzimi intestinali, o ancora le alterazioni della peristalsi come quelle che si verificano nel colon irritabile. A loro volta, tutte queste situazioni sono frequentemente legate allo stress e alle emozioni disturbanti, che turbano la produzione di acidi e degli enzimi digestivi nonché la peristalsi. Nello specifico, lo stress psico-emotivo altera il sistema nervoso autonomo simpatico e parasimpatico, che controlla appunto tutte queste funzioni. Pure il sistema nervoso intestinale, definito il “secondo cervello” per l’enorme numero di cellule nervose che contiene, viene profondamente messo in crisi dagli stati emotivi disturbanti: il risultato è un’alterazione dei processi digestivi e della peristalsi, con incompleta digestione dei cibi, sui quali i batteri “cattivi” si avventano e “banchettano”.

Alterazioni della peristalsi

L’abitudine di assumere una scarsa quantità di liquidi, di ingerire poche fibre e di fare un insufficiente movimento favoriscono il rallentamento dei movimenti di peristalsi intestinale e la stipsi: in questo contesto, i residui alimentari vengono sottoposti ad un’ elaborazione più lunga da parte dei batteri commensali, con una crescita esagerata ed una conseguente rottura dell’equilibrio tra batteri “buoni” e batteri “cattivi”. La diarrea è meno frequentemente una causa della disbiosi, con l’eccezione dell’alvo alternante tipico della sindrome del colon irritabile, caratterizzato da un’alternanza di diarrea e stipsi.

Sedentarietà e ridotta attività fisica

Praticare con costanza l’attività fisica consente di ridurre i livelli di stress che sono una causa diretta della disbiosi. E’ possibile inoltre regolarizzare la peristalsi, attraverso il riequilibrio del sistema nervoso autonomo simpatico e parasimpatico, nonché inducendo il rilascio di ormoni come le endorfine: per effetto di questi meccanismi si ottiene infatti un’efficienza ottimale di tutte le funzioni dell’intestino, ivi inclusi i movimenti parietali. All’opposto, la sedentarietà nuoce alle funzioni dell’intestino, predisponendo tra l’altro alla stipsi. Chi pratica attività fisica regolare tende inoltre ad alimentarsi correttamente, evitando soprattutto i “cibi spazzatura” che sono una delle cause della disbiosi.

L’AGOPUNTURA NEUTRALIZZA LE CAUSE DELLA DISBIOSI

L’agopuntura riequilibra gli effetti negativi della disbiosi, agendo sul sistema immunitario intestinale e sulla produzione delle citochine. Sorprendentemente, questa tecnica è anche idonea a neutralizzare gran parte dei fattori che la generano. Al primo posto c’è la capacità dell’agopuntura di neutralizzare lo stress e i suoi effetti nefasti intervenendo a più livelli. Innanzitutto regola il sistema nervoso autonomo, riducendo l’attività eccitatoria del sistema simpatico ed incrementando la funzione calmante del sistema parasimpatico. L’agopuntura riduce poi la produzione di cortisolo e delle catecolamine (adrenalina e noradrenalina) che eccitano l’organismo, e al contempo induce il rilascio di alcuni ormoni del benessere a livello dell’ipofisi, in particolare le endorfine. Degna di nota è infine la liberazione nel cervello di importanti neurotrasmettitori “calmanti”, come il GABA (acido gamma-amino-butirrico), la serotonina e il neuropeptide Y. Tutti questi meccanismi spiegano la capacità dell’agopuntura di ridurre gli stati di ansia e depressione che si associano alla disbiosi. In aggiunta, l’agopuntura è in grado di regolare la secrezione acida dello stomaco e la produzione degli enzimi digestivi, nonché la peristalsi: lo fa principalmente con l’intermediazione del sistema nervoso autonomo, ma anche attraverso gli ormoni sopra menzionati. In aggiunta, l’agopuntura è in grado di modulare i comportamenti alimentari scorretti che sono alla base della disbiosi, agendo per esempio sul senso di fame/sazietà, oppure riducendo il desiderio dei cibi “spazzatura”. Infine occorre considerare che l’intestino è il “secondo cervello” per densità di cellule nervose e per la rete particolarmente ricca di terminazioni nervose: questa sofisticata centralina stabilisce le modalità e i ritmi della digestione, e regola la peristalsi e tutte le altre funzioni dell’apparato digerente che sono chiamate in causa nella disbiosi. L’agopuntura sfrutta proprio questa complessa rete neuronale per influenzare il funzionamento globale dell’intestino e correggere la disbiosi.

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