L’agopuntura a Torino per la terapia degli acufeni

ACUFENE E AGOPUNTURA

 

 

L’acufene – o tinnito – è una percezione uditiva anormale, in assenza di un rumore o suono proveniente dall’esterno. Tale percezione consiste spesso in un fischio, altre volte in un ronzio, o ancora in uno scricchiolio, o uno scroscio, oppure una pulsazione. Attraverso appositi esami di pertinenza specialistica – quali l’audiometria e l’impedenzometria – in diversi casi è possibile documentare un danno del sistema uditivo, ma esiste comunque una quota rilevante di pazienti affetti da acufene idiopatico, in cui la causa è sconosciuta. L’acufene, soprattutto quello idiopatico, è tipicamente poco responsivo agli interventi medici, tuttavia, in alcune condizioni selezionate che descriveremo oltre, l’agopuntura può contribuire a curare con successo questa condizione tanto diffusa quanto spesso invalidante. Quali sono le situazioni che possono beneficiare dell’agopuntura? Come agisce questa terapia? Scopriamolo passo dopo passo.

ALLE ORIGINI DEL PROBLEMA

L’acufene è il risultato della stimolazione patologica delle vie uditive lungo il loro intero decorso, dal timpano fino ad arrivare alla corteccia cerebrale. Fisiologicamente i suoni vengono raccolti dal condotto uditivo esterno, giungendo a stretto contatto con la membrana del timpano, facendola vibrare. Le onde di vibrazione si trasmettono attraverso la catena degli ossicini alla coclea, dove ci sono i recettori acustici, che trasformano gli impulsi vibratori di tipo meccanico in impulsi elettrici. Entra quindi in gioco il sistema nervoso, che attraverso il nervo acustico porta gli impulsi alle strutture deputate alla loro elaborazione e alla loro decodifica. A livello della corteccia cerebrale uditiva e delle cosiddette aree corticali associative i segnali diventano percezione cosciente. L’acufene è un fenomeno che non segue la sequenza di eventi descritta: è quindi un fenomeno disfunzionale, che non ha una funzione biologica. Come detto, non corrisponde generalmente ad un suono/rumore applicato dall’esterno, ma è il risultato di una stimolazione non fisiologica di una parte del sistema uditivo.

ACUFENE E DANNO UDITIVO

Dove origina esattamente l’acufene? Quale parte del sistema uditivo è stimolata in modo inappropriato? Di fronte ad un acufene la prima cosa da fare è escludere le cause più comuni e più banali, come il tappo di cerume: attraverso l’otoscopio qualunque medico – compreso il medico di famiglia – è in grado di formulare la diagnosi. Se non è presente materiale patologico visibile all’otoscopia, è necessario esaminare la funzionalità uditiva attraverso due esami specifici di pertinenza specialistica otorinolaringoiatrica: l’audiometria e l’impedenzometria. Non di rado gli acufeni derivano infatti da un danno del sistema uditivo, di origine traumatica, infiammatoria o degenerativa. Quando il soggetto non riesce più a percepire alcune specifiche frequenze acustiche, il cervello cerca di compensare tale perdita sostituendola appunto con un altro suono svincolato dai suoni esterni, fisso e disturbante. Queste condizioni sono diagnosticabili, e anche trattabili in alcuni casi, attraverso l’applicazione di protesi che possono migliorare la funzionalità uditiva.

ACUFENE ED ESPOSIZIONE A SUONI E RUMORI

L’esposizione inappropriata e prolungata a forti rumori e suoni, per motivi professionali e non, è una causa frequente di danno uditivo e acufene. In particolare, meritano di essere menzionati l’ascolto della musica ad alto volume, l’uso di macchine agricole o da giardinaggio, le esplosioni e i rumori da arma da fuoco. Anche l’uso smodato del cellulare senza l’utilizzo degli auricolari o del vivavoce possono causare un danno del nervo acustico, a causa del surriscaldamento operato dalle micro-onde del dispositivo. In questi casi il problema è reversibile se s’interrompe l’esposizione e si cambiano abitudini di vita.

CAUSE PERIFERICHE E CENTRALI

CAUSE PERIFERICHE

La stimolazione di una delle stazioni del sistema uditivo può riconoscere svariate cause e possiede caratteristiche molto diverse da soggetto a soggetto. Il problema può originarsi nelle regioni più periferiche del sistema uditivo: dal semplice cerume che stimola in modo patologico le vie uditive attraverso una pressione sulla membrana del timpano, alle patologie infiammatorie del sistema del timpano e della catena degli ossicini, tra cui le ben note otiti. Oppure può derivare dalla presenza di muco a livello dell’orecchio medio, spesso per un’ostruzione della tuba di Eustachio: quest’ultima pone infatti in comunicazione l’orecchio medio con il tetto delle cavità nasali, per cui – in caso di ostruzione – non è in grado di far defluire il muco verso le cavità nasali. In tutti questi casi, oltre all’acufene, vi è spesso una riduzione più o meno marcata dell’udito, che può essere diagnosticata attraverso gli appositi esami uditivi, in particolare l’impedenzometria, che attesta una compromissione dell’efficienza del timpano e/o della catena degli ossicini. Il sistema uditivo può però essere perturbato anche da cause per così dire invisibili, come farmaci, infezioni o condizioni generali di carattere metabolico o infiammatorio che alterano la struttura e/o la funzione di una parte del sistema uditivo. Le cause suddette possono generare la perdita di una quota delle cellule acustiche della coclea, con ipoacusia e acufeni. Talvolta l’eziologia è sconosciuta, e anche il fisiologico invecchiamento rappresenta spesso un’importante concausa: in ogni caso, tale perdita può comunque essere diagnosticata accuratamente attraverso l’audiometria.

CAUSE CENTRALI

Oltre alle patologie che danneggiano la parte periferica del sistema uditivo, esistono anche condizioni più rare che possono interessare le vie uditive centrali: si va dalle patologie circolatorie, come la comune aterosclerosi specie in età avanzata, a quelle degenerative come la sclerosi multipla, fino ad arrivare a quelle tumorali. Tra queste, va menzionato il neurinoma del nervo acustico, un tumore benigno che ha origine dalla guaina del nervo e che comporta – oltre al sintomo acufene – anche una riduzione dell’udito monolaterale e disturbi dell’equilibrio (raramente vertigini).

GLI ACUFENI OGGETTIVI

Vi sono condizioni piuttosto rare in cui gli acufeni corrispondono a suoni e rumori realmente prodotti dalle strutture che si trovano vicino alla catena degli ossicini e alla coclea: essi possono anche essere percepiti da altri soggetti o dal medico attraverso l’uso del fonendoscopio.

SINDROME DEL MUSCOLO TENSORE DEL TIMPANO

Dobbiamo pensare che tutte le vibrazioni patologiche dei tessuti che si trovano vicino alla catena degli ossicini e alla coclea vengono “amplificati” in misura enorme, e verrebbero uditi tanto intensamente da farci letteralmente impazzire. Se ciò non accade è perché esiste un sistema di regolazione interno capace di ridurre la sensibilità del sistema timpano-catena degli ossicini: è per questa ragione che i suoni che derivano dalla masticazione ci disturbano minimamente o non ci disturbano affatto. Si tratta del muscolo tensore del timpano, che entrando in funzione irrigidisce il sistema descritto e lo rende meno sensibile ai rumori del microambiente circostante. Se però i rumori legati alla masticazione sono esagerati, il muscolo tensore del timpano entra in uno stato di contrattura patologica, oppure sviluppa spasmi intermittenti: parliamo di sindrome distonica del tensore del timpano. Non ci soffermiamo oltre nella descrizione di questa sindrome, avendo dedicato ad essa un intero articolo che e’ disponibile nella sezione News del mio sito.

PATOLOGIE DELL’ARTICOLAZIONE TEMPORO-MANDIBOLARE (ATM)

L’ATM è situata in stretta prossimità anatomica con l’orecchio, per cui gli attriti patologici tra il condilo della mandibola e l’osso temporale possono facilmente tradursi in acufeni. L’ATM è poi correlata, dal punto di vista funzionale e posturale, al sistema muscolare cervicale: si parla pertanto di disfunzioni cranio-cervico-mandibolari, il cui elemento distintivo sono le alterazioni dell’ATM e gli acufeni da un lato, e le tensioni muscolari dall’altro, che possono propagarsi in senso discendente alla regione cervicali. Le contratture del trapezio che alcuni soggetti accusano al risveglio mattutino sono altamente suggestivi di queste disfunzioni, soprattutto quando si associano a dolenzia e irrigidimento alle mascelle.

FATTORI MICROVASCOLARI E MICROATTRITI

Ci sono individui in cui l’acufene si manifesta con una pulsazione ritmica con il battito cardiaco, senza tuttavia che sia riconoscibile alcuna patologia cardiaca o dei vasi. A volte è interessato infatti il microcircolo, cioè la rete di minuti e invisibili vasi che avvolge, nutrendole, le strutture del sistema uditivo. Per molteplici ragioni, che includono fattori tossiemici locali o sistemici, oppure cause meccaniche, o ancora distonie di tipo neurovegetativo, cioè alterazioni dell’equilibro tra simpatico e parasimpatico derivanti da condizioni di stress protratto, si produce un’alterazione del diametro dei microvasi. Al loro interno il flusso di sangue può così diventare turbolento ed essere “amplificato” dal sistema timpano-catena ossicini, causando un fastidioso acufene. Tale acufene possiede tipicamente le caratteristiche di una pulsazione sincrona con il battito cardiaco, proprio perché deriva da una turbolenza che ha la sua massima intensità nella fase sistolica del ciclo cardiaco. Pure gli scricchiolii e gli scrosci percepiti da alcuni pazienti possono avere la medesima origine: tali acufeni possono derivare però anche da altri fattori meccanici, come contrazioni muscolari inappropriate del muscolo tensore del timpano, attriti patologici tra le microstrutture che costituiscono il sistema uditivo, o ancora alterazioni del flusso dell’endolinfa presente nella coclea uditiva. Il concetto chiave da comprendere è che tutti questi micro-rumori, a prescindere da come si generino, vengono “amplificati” a dismisura proprio perché estremamente vicini ai recettori uditivi, diventando percezioni anomale disturbanti. In alternativa, vengono “bloccati” grazie al muscolo tensore del timpano, che però alla lunga entra in uno stato spatico o si indebolisce, comportando, come abbiamo visto, alcuni sintomi tra cui gli acufeni.

L’INTERPRETAZIONE DELL’ACUFENE IDIOPATICO

Al di là delle condizioni menzionate, che possono essere agevolmente diagnosticate sulla base del quadro clinico e degli esami specialistici, l’acufene, in una quota rilevante di casi, non riconosce un’origine precisa e viene definito idiopatico: sono questi i casi che portano spesso il paziente alla disperazione, poiché non spesso non si risolvono e tendono a cronicizzare, compromettendo in modo significativo la qualità della vita. Mi sono chiesto a lungo come inquadrare tali problematiche, ed oggi, dopo venti anni di pratica clinica, posso dire di saperne molto più di un tempo. In particolare, mi ha molto aiutato la visione olistica insita nella Medicina Tradizionale Cinese, oltre alla proficua collaborazione con altri professionisti che si occupano a vario titolo di acufeni, e che oggi fanno parte della mia équipe multidisciplinare. Non sappiamo con esattezza dove si collochi il danno iniziale, ma è plausibile che il meccanismo di formazione dell’acufene somigli a quello di un incendio, che dal punto iniziale si allarga in maniera crescente ed inarrestabile. E’ inoltre probabile che la genesi dell’acufene si collochi nella maggior parte dei casi nella periferia del sistema uditivo, o comunque nelle regioni sottocorticali, sotto forma di un danno di lieve entità. Da qui raggiunge- un po’ alla volta, giorno dopo giorno, in modo subdolo – la corteccia cerebrale, alterando il sistema percettivo, cognitivo ed emotivo dell’individuo. Si tratta di un meccanismo di centralizzazione, in cui l’acufene altera in modo permanente il funzionamento del sistema nervoso centrale. Vi è cioè un momento fondamentale in cui l’acufene rende iperattive alcune popolazioni di neuroni, in modo sempre più ramificato e capillare, dapprima a livello delle strutture nervose uditive del cervello, e poi anche a livello delle aree associative che sono collegate con esse.

Dalla fisiologia alla patologia

Fisiologicamente, i segnali elettrici prodotti a livello dei recettori cocleari vengono trasportati, attraverso il nervo acustico – che è l’ottavo paio di nervi cranici – al tronco encefalico, e da qui al talamo, raggiungendo infine la corteccia uditiva situata nel lobo temporale. Per ogni frequenza uditiva, esiste uno specifico circuito: quando questo circuito viene interrotto, per cause spesso in apparenti e clinicamente invisibili (piccole ischemie, fattori tossici sistemici, banali infezioni), i relativi neuroni emettono un segnale elettrico patologico, che corrisponde alla percezione dell’acufene. Questo fenomeno ricorda da vicino il fenomeno dell’arto fantasma, consistente nella percezione di un arto che è stato amputato: si tratta anche in questo caso di circuiti interrotti, che inviano al sistema nervoso centrali segnali assurdi e privi di senso. L’acufene consiste dunque in un suono fantasma in assenza di stimolo, senza cioè una sorgente sonora esterna: lungo la via uditiva che abbiamo descritto, ci sono neuroni costantemente iperattivi che emettono un falso segnale. Questo segnale, quando si propaga anche ad altre aree del cervello definite “associative”, assume un particolare significato cognitivo ed emotivo: questa fase corrisponde all’aggravamento finale dell’acufene, quello che rovina la vita del paziente. Alla base della centralizzazione dell’acufene vi sono essenzialmente le risposte di stress e di ansia, che catalizzano in modo continuo e inappropriato l’attenzione del paziente verso questo segnale fantasma, decodificandolo come un segnale di pericolo potenziale. Le neuroscienze ci insegnano che il sistema limbico, ed in particolare l’amigdala, diventano iperattivi di fronte ad una minaccia potenziale, allertando tutti i sistemi dell’organismo e preprandoli alla “lotta-fuga”: quando questo accade, l’individuo diventa iper-vigile ed attentissimo ai segnali provenienti dal mondo esterno o anche semplicemente dal proprio corpo. Se potessimo osservare in vivo il cervello, potremmo assistere ad un vero e proprio “incendio” nel sistema nervoso, consistente in un’iperattivazione generalizzata della corteccia cerebrale. Ebbene, negli individui sottoposti a stress elevato, o che soffrono di ansia, l’insorgenza un acufene innocente può essere percepito come un segnale di pericolo, e produrre un circolo vizioso in cui i neuroni diventano sempre più eccitabili, con un’amplificazione esponenziale del segnale iniziale. Spesso in questi soggetti subentra la paura di non guarire più, o che l’acufene possa letteralmente farli impazzire o distruggere la loro vita, o ancora uno stato di depressione: questi vissuti indicano che non solo la corteccia uditiva, ma anche le aree associative della corteccia cerebrale sono state alterate dall’acufene. Le risposte di ansia e di stress inducono anche uno sbilanciamento del sistema orto/parasimpatico, come abbiamo visto, amplificando anche gli eventuali stimoli periferici: tensione della muscolatura cervicale, alterazioni dell’ATM, spasmi microvascolari e del muscolo tensore del timpano etc…Pure le alterazioni del sonno giocano un ruolo importante, poiché l’acufene spesso è percepito con maggiore intensità nel corso della notte: se è vero che l’acufene può disturbare il sonno, è altrettanto vero che un soggetto che ha un sonno poco profondo sarà più incline a percepire i suoni disturbanti. Il concetto di plasticità neuronale spiega brillantemente la cronicizzazione dell’acufene: ad un certo punto non solo i neuroni diventano ipereccitabili, ma anche le loro sinapsi si ramificano sempre più profondamente ed estesamente nel sistema nervoso, conducendo impulsi aberranti un po’ ovunque. Per fortuna, il fatto che le sinapsi siano modellabili gioca anche a nostro favore, poiché con opportuni interventi terapeutici, come la psicoterapia e la stessa agopuntura, possiamo ridurre l’eccitabilità del sistema nervoso e spegnere progressivamente l’incendio neuronale. In sintesi, il modello basato sul principio della centralizzazione sembra a mio avviso quello più plausibile per spiegare l’origine dell’acufene idiopatico, e tra l’altro si accorda perfettamente con quanto accade in altre condizioni patologiche come il dolore cronico. Infine questo modello spiega brillantemente il razionale d’impiego dell’agopuntura, aiutandoci a selezionare i pazienti che più degli altri possono giovarne.

L’AGUPUNTURA COME CURA DEGLI ACUFENI

L’agopuntura – se inserita in un contesto di integrazione con altre discipline – può essere di aiuto in qualunque tipo di acufene. Tuttavia, le condizioni in cui può giocare un ruolo di primo piano sono quelle in cui si evidenziano risposte di ansia e di stress molto accentuate: come abbiamo visto, sono soprattutto questi i fattori che maggiormente contribuiscono al fenomeno della centralizzazione dell’acufene. La tempistica di risposta è strettamente dipendente dall’età del paziente, dal grado di cronicità del disturbo, e dalla sua severità. In particolare, l’agopuntura esercita importanti effetti di regolazione del sistema nervoso centrale, riequilibrando la comunicazione tra i due emisferi, il funzionamento dei neurotrasmettitori e l’attività del sistema nervoso autonomo (incrementando l’attività calmante del sistema parasimpatico e riducendo quella eccitatoria del sistema simpatico): le risposte di stress e di ansia, nonché il ritmo sonno-veglia, possono così essere favorevolmente modulati da questa terapia naturale. A tal riguardo, le neuroscienze hanno perfino dimostrato che l’agopuntura è capace di favorire la formazione di nuove sinapsi inducendo la formazione di un fattore neurotrofico chiamato BDNF. L’agopuntura esercita poi un importante effetto miorilassante sulla muscolatura cervicale e masticatoria, attenuando le disfunzioni cranio-cervico-mandibolari. Molto interessante è anche la sua capacità di rilassare il muscolo tensore del timpano, riducendone gli spasmi. Attraverso al sua azione sul sistema nervoso autonomo, l’agopuntura può infine agire favorevolmente sui piccoli vasi dell’apparato uditivo, migliorandone il flusso.

Concludendo, l’agopuntura agisce su tutti i meccanismi implicati nell’insorgenza e nella cronicizzazione dell’acufene, tanto su quelli periferici, quanto su quelli centrali, dimostrando la sua validità principalmente quando sono attivate le risposte di ansia e di stress.

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